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Piccola ma essenziale per il funzionamento del nostro organismo, la tiroide è una ghiandola che influenza tantissimi processi e attività che avvengono nel nostro corpo. Tra questi, il metabolismo, l’assorbimento dei nutrienti, il battito cardiaco, la temperatura, il ciclo mestruale, il concepimento e lo sviluppo del feto in gravidanza. È chiaro, quindi, che se la tiroide non svolge il suo compito correttamente, la nostra salute ne risente. Una problematica che riguarda soprattutto le donne, le più colpite dalle patologie tiroidee.
Cos’è la tiroide? Come è fatta e a cosa serve? Quali malattie possono interessarla? Quali esami è necessario fare per capire se si ha un problema di tiroide? E quali sono le migliori terapie per curarla? Qual è la dieta giusta per mantenere in salute questa ghiandola? Nella nostra guida, troverai le risposte a tutte le tue domande.
La tiroide è una ghiandola endocrina localizzata nella parte anteriore del collo. Produce ormoni tiroidei, triiodiotironina (T3) e tiroxina (T4), che regolano moltissime funzioni del metabolismo, tra cui l’accrescimento corporeo e lo sviluppo dei vari apparati, dal sistema nervoso centrale a quello riproduttivo. Si tratta, quindi, di una ghiandola importantissima per il buon funzionamento di tutto l’organismo.
La tiroide è posizionata nella regione anteriore del collo, poco sopra la base, davanti alla laringe e alla trachea e in corrispondenza del pomo d’Adamo. Ha la forma di una farfalla: i due lobi, destro e sinistro, posti ai lati della laringe, corrispondono alle ali, che sono unite al centro da una porzione di tiroide denominata istmo.
Si tratta di una ghiandola molto piccola, lunga 5-8 cm e larga 3-4 cm. Il suo peso è variabile e, in media, negli adulti è pari 20 g. Durante l’infanzia e l’adolescenza, la tiroide aumenta di dimensioni e, soprattutto nel momento della pubertà, subisce un significativo incremento di volume.
Dal punto di vista strutturale è composta da piccole cavità di forma circolare, detti follicoli tiroidei, che sintetizzano, accumulano e secernono gli ormoni. I follicoli tiroidei sono rivestiti da uno strato di cellule secretorie: le cellule follicolari o tireociti. La tiroide è una ghiandola molto vascolarizzata. L’apporto di sangue è assicurato dalle arterie tiroidee superiori e inferiori, mentre un plesso venoso che confluisce nelle giugulari permette al sangue di rifluire dalla ghiandola.
I tireociti producono la tireoglubulina, una proteina precursore degli ormoni tiroidei. La tireoglobulina è ricca di tirosina, un amminoacido che si lega allo iodio – che i tireociti prelevano dal sangue e trasportano nelle cavità follicolari – per sintetizzare gli ormoni tiroidei T3 e T4. Questo micronutriente, presente nel corpo in piccole quantità (15-20 mg) e concentrato quasi esclusivamente nella tiroide, è un componente essenziale degli ormoni tiroidei e rappresenta un potente modulatore della funzionalità della ghiandola. Nella cavità follicolare è presente un liquido viscoso, la colloide, dove gli ormoni vengono immagazzinati per essere liberati a seconda delle esigenze dell’organismo.
La sintesi e la secrezione degli ormoni tiroidei sono regolate da meccanismi molto complessi in cui entra in gioco l’ipofisi, ovvero la principale ghiandola endocrina dell’organismo, posta alla base del cervello. L’ipofisi esercita uno stretto controllo sulla tiroide attraverso l’ormone tireotropo o TSH (ormone stimolante la tiroide): quando i livelli di ormoni tiroidei si abbassano, il TSH induce la tiroide a liberarne maggiori quantità e a rilasciarli nel sangue, quando invece in circolazione ce ne sono troppi, l’ipofisi mette la tiroide a riposo.
La tiroide si definisce “ghiandola endocrina” proprio perché secerne ormoni e li riversa nel flusso sanguigno. Attraverso il sangue, questi messaggeri chimici raggiungono tutti gli organi e gli apparati del nostro corpo, assicurandone la piena funzionalità e permettendo all’organismo e alle sue componenti di svolgere le loro attività nel modo giusto.
La tiroide gioca un ruolo fondamentale per l’organismo perché regola il metabolismo e influenza l’attività di moltissimi organi e apparati, oltre ad agire sul loro sviluppo e accrescimento. Svolge queste funzioni attraverso gli ormoni che produce, triiodotironina (o T3) e tiroxina (o tetraiodotironina o T4). Questi ormoni influiscono sul metabolismo basale, lipidico e glucidico, oltre che su tantissimi sistemi, da quello respiratorio a quello termoregolatorio, dal sistema cardiocircolatorio a quello scheletrico, dal sistema nervoso all’apparato riproduttivo. Per questo motivo, la corretta funzionalità della tiroide è importantissima, dalla nascita fino all’età adulta.
Ecco, in dettaglio, alcuni dei compiti svolti dagli ormoni tiroidei:
Scopri di più sugli ormoni tiroidei e sulla loro importanza per la salute nell’articolo “Ormoni tiroidei: valori, quali sono e cosa controllano”.
Le malattie della tiroide sono in continua crescita: secondo stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, riportate dall’Istituto Superiore di Sanità, nel mondo sono un miliardo le persone colpite da disfunzioni tiroidee. Le donne hanno un rischio 5 volte maggiore di soffrirne rispetto agli uomini.
Secondo i dati diffusi durante la Settimana Mondiale della Tiroide 2022, gli italiani con problemi alla tiroide sono 6 milioni. Alle persone con un’invalidità civile riconosciuta provocata da una patologie tiroidea, l’INPS riserva un contributo in denaro, comunemente noto come “bonus tiroide”.
Tra le principali cause alla base della sempre più larga diffusione delle patologie tiroidee nel mondo c’è la carenza di iodio, uno dei più gravi problemi di salute pubblica secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Questo oligoelemento, infatti, è un componente essenziale degli ormoni tiroidei, quindi la sua mancanza può portare allo sviluppo di diverse malattie, più o meno gravi a seconda dell’età e del sesso, particolarmente rischiose in gravidanza e nei bambini. Per questo è importante seguire un dieta ricca di iodio, consumando il sale iodato e portando in tavola cibi che ne sono ricchi.
Tra gli altri fattori che possono aumentare il rischio di sviluppare una malattia della tiroide ci sono anche:
Le malattie della tiroide possono essere legate a un’alterazione della sua funzione (ipotiroidismo o ipertiroidismo), a processi infiammatori di natura virale, batterica o autoimmune (tiroidite di Hashimoto e morbo di Basedow-Graves), alla comparsa di noduli all’interno della ghiandola, allo sviluppo di un tumore o a un ingrossamento della tiroide (gozzo).
Esaminiamo le principali malattie tiroidee per scoprire le cause, i sintomi e come trattarle.
L’ipertiroidismo è una condizione che si verifica quando la tiroide produce troppi ormoni tiroidei. Questa disfunzione si ripercuote sul metabolismo, causando un’anomala accelerazione dei processi metabolici dell’organismo che può avere conseguenze su diversi distretti corporei, tra cui la funzione cardiaca e il metabolismo osseo.
I principali sintomi dell’ipertiroidismo includono:
Le cause dell’ipertiroidismo, ovvero della produzione eccessiva di ormoni da parte della tiroide, possono essere svariate:
La cura dell’ipertiroidismo deve essere personalizzata tenendo conto di molti fattori, come l’età, il quadro clinico generale, le cause e la gravità della malattia.
Le terapie possibili sono mirate alla riduzione della produzione di ormoni tiroidei e dei sintomi dell’ipertiroidismo e includono:
Quando non sono possibili altre cure, per esempio in gravidanza, in presenza di un gozzo di grandi dimensioni o in caso di disturbi oculari legati al morbo di Basedow-Graves, la terapia prevede l’intervento chirurgico di asportazione totale o parziale della tiroide (tiroidectomia).
In caso di ipertiroidismo, è anche importante limitare il consumo di cibi ricchi di iodio, come il pesce e il sale iodato, perché questo micronutriente stimola la produzione di ormoni tiroidei.
Scopri di più nell’articolo “Ipertiroidismo: cause, sintomi e cura della malattia”.
Quando la tiroide non produce ormoni a sufficienza si parla di ipotiroidismo. Questa condizione determina un rallentamento dei processi metabolici. Nelle fasi iniziali, l’ipotiroidismo non provoca disturbi, ma a lungo andare, se non curato, può causare seri problemi di salute, come obesità, dolori articolari, infertilità e malattie cardiache. L’ipotiroidismo congenito, che può manifestarsi nel feto, può provocare lesioni a carico del sistema nervoso centrale, che determinano un grave ritardo mentale e della crescita dovuto all’insufficiente apporto di ormoni tiroidei. L’ipotiroidismo congenito (IC) primario è la più frequente endocrinopatia dell’età evolutiva. Si stima che nel mondo 1 neonato su 3000-4000 nati vivi sia colpito da questa patologia, causata nella maggior parte dei casi da alterazioni nella embriogenesi della ghiandola tiroidea. La tiroide può, cioè, essere completamente assente o essersi sviluppata in modo incompleto. Attraverso dei programmi di screening neonatale è possibile diagnosticare e trattare tempestivamente questa patologia.
Quali sono i sintomi del’ipotiroidismo? Come abbiamo accennato, all’inizio questa condizione è in genere asintomatica. I disturbi tendono a svilupparsi lentamente e includono:
Tra le principali cause dell’ipotiroidismo ci sono:
La terapia standard per l’ipotiroidismo prevede l’assunzione per via orale dell’ormone tiroideo T4 (levotiroxina). Questo trattamento riporta i livelli ormonali nella norma e blocca i sintomi dell’ipotiroidismo. La levotiroxina è disponibile sotto forma di compresse e in Italia è a carico del Servizio Sanitario Nazionale. Il farmaco che in genere è utilizzato è l’Eutirox e deve essere assunto per tutta la vita. Può comportare alcuni effetti collaterali, che tuttavia possono essere evitati se si rispettano i dosaggi raccomandati.
È importante anche seguire una dieta per ipotiroidismo, evitando in particolare gli alimenti goitrogeni, ovvero quelli che possono interferire con il metabolismo dello iodio e ridurre l’assorbimento di levotiroxina. In questa categoria rientrano la soia e i suoi derivati, alcune verdure, come broccoli e cavolfiori, la frutta secca, i semi oleosi e alcuni tipi di frutta fresca, come pesche e fragole.
Scopri di più sull’ipotiroidismo, le cause, i sintomi e la cura di questa malattia.
Il gozzo tiroideo è un ingrossamento della tiroide che si manifesta come una protuberanza sul collo e che può avere diverse caratteristiche e molteplici cause.
Esistono due tipi principali di gozzo:
Nella maggior parte dei casi, il gozzo è di piccole dimensioni e non provoca sintomi. Se, tuttavia, l’aumento di volume della tiroide è significativo, la ghiandola può arrivare a comprimere gli organi vicini e causare problemi della respirazione e della deglutizione.
Le cause della tiroide ingrossata possono essere diverse. Tra le principali ci sono:
Alcune condizioni e fasi della vita, come pubertà, gravidanza e menopausa, producono cambiamenti nei livelli ormonali che possono modificare la funzione della ghiandola tiroidea, favorendo l’insorgenza del gozzo.
La terapia del gozzo dipende dalle problematiche che lo hanno determinato. In genere, i gozzi di piccole dimensioni che sono asintomatici non necessitano di trattamenti. Se, invece, il gozzo è voluminoso e compromette la respirazione e la deglutizione, può rendersi necessario un intervento chirurgico di tiroidectomia, per asportare tutta la tiroide o rimuoverne una parte.
Scopri di più sul gozzo tiroideo, le cause, i sintomi e le cure.
I noduli alla tiroide sono formazioni, solide o piene di liquido, che si sviluppano all’interno della ghiandola e, secondo l’Istituto Superiore di Sanità, rappresentano la condizione tiroidea più diffusa. Si stima che siano presenti nel 40-50% della popolazione.
I noduli sono quasi sempre benigni e solo nel 3-5% dei casi hanno caratteristiche di malignità. In genere non sono gravi e non provocano sintomi. Per questo motivo, spesso la loro presenza viene individuata nel corso di normali controlli di routine.
Quando danno disturbi, i noduli alla tiroide possono provocare:
Raramente, i noduli possono determinare un’eccessiva produzione di ormoni tiroidei, quindi un quadro di ipertiroidismo.
All’origine della comparsa dei noduli tiroidei possono esserci diverse cause:
La terapia dei noduli dipende dalla diagnosi. Per un nodulo benigno, può essere sufficiente un monitoraggio periodico con l’ecografia ed esami della funzionalità tiroidea: se resta invariato, non c’è bisogno di intervenire. Il trattamento, farmacologico o chirurgico, è invece necessario se il nodulo, pur essendo benigno, causa un ipertiroidismo o è di dimensioni tali da provocare disturbi e rendere difficili la deglutizione e la respirazione. Se, invece, il nodulo ha caratteristiche che fanno sospettare una malignità, l’approccio potrà prevedere l’asportazione chirurgica di una parte o dell’intera tiroide. Il trattamento dovrà essere valutato dall’endocrinologo sulla base del quadro clinico e dei fattori di rischio.
Scopri di più sui noduli alla tiroide: sintomi, cause, quando preoccuparsi.
I tumori della tiroide sono, fortunatamente un’eventualità piuttosto rara: come abbiamo accennato, il 3-5% dei noduli è di origine tumorale maligna. I tumori tiroidei sono dovuti a una trasformazione in senso maligno di una o più cellule, che subiscono una crescita incontrollata.
Esistono diversi tipi di cancro alla tiroide, ma i più comuni sono:
In genere si tratta di tumori a sviluppo lento e poco aggressivi, che spesso non danno segni. Il campanello d’allarme più comune è un nodulo indolore o un gonfiore che si sviluppa nel collo. Altri sintomi si manifestano, tendenzialmente, solo negli stadi avanzati della malattia e possono includere una raucedine inspiegabile che dura qualche settimana, mal di gola o difficoltà di deglutizione.
Tra i fattori di rischio che possono predisporre allo sviluppo di un tumore alla tiroide ci sono:
La terapia consigliata è l’intervento chirurgico (tiroidectomia) con l’asportazione, in genere, dell’intera tiroide. Dopo l’intervento, si dovrà quindi assumere l’ormone tiroideo T4 (levotiroxina) per tutta la vita.
Scopri di più su sintomi, cure, aspettativa di vita del tumore alla tiroide.
La tiroidite è un’infiammazione della ghiandola tiroidea che può provocare livelli anormali (alti o bassi) di ormoni tiroidei e può avere diverse cause.
La forma più comune di tiroidite è la tiroidite di Hashimoto. Si tratta di una malattia autoimmune causata da un’anomalia del sistema immunitario, che produce anticorpi che aggrediscono le cellule della tiroide. La tiroidite di Hashimoto è a progressione lenta e può restare a lungo asintomatica. Solo nello stadio avanzato provoca un danneggiamento irreversibile della ghiandola, con una riduzione degli ormoni tiroidei e i sintomi tipici dell’ipotiroidismo.
La causa scatenante non è chiara. Sembra che all’origine del suo sviluppo possano esserci fattori genetici, combinati con altre problematiche come il diabete di tipo 1.
La terapia delle tiroiditi dipende dalla natura dell’infiammazione. Per la tiroidite di Hashimoto, la cura è a base di ormone tiroideo T4 (levotiroxina), da seguire di solito per tutta la vita.
Oltre alla tiroidite di Hashimoto esistono anche altre tiroiditi autoimmuni, come il già citato morbo di Basedow-Graves, tiroiditi di origine virale (tiroidite di De Quervain o subacuta) e di origine batterica (tiroidite acuta). C’è anche una forma di tiroidite post-partum, una disfunzione della tiroide che si manifesta entro un anno dal parto e sembra legata al ritorno alla normalità del sistema immunitario dopo la gravidanza.
Come abbiamo accennato, le patologie della tiroide sono una problematica prettamente femminile e possono causare disturbi anche molto seri alle donne, soprattutto in alcune fasi della vita, come la gravidanza.
La funzionalità della tiroide, infatti, influenza i meccanismi dell’ovulazione, la maturazione dell’ovocita e il metabolismo degli ormoni sessuali. Per questo motivo, le disfunzioni tiroidee come l’ipotiroidismo e l’ipertiroidismo possono interferire con la regolarità del ciclo mestruale, ma anche avere ripercussioni negative sulla fertilità e rendere difficile il concepimento.
Durante la gravidanza, una tiroide che non funziona correttamente può aumentare il rischio di aborti spontanei e causare complicanze e patologie fetali. La carenza di ormoni tiroidei dovuta all’ipotiroidismo, in particolare, può provocare un ipotiroidismo congenito che compromette lo sviluppo neurologico e cognitivo del feto. Per questo motivo, come abbiamo accennato, per tutti i neonati è previsto un programma di screening che permette di individuare e trattare tempestivamente questa problematica con una terapia sostitutiva con ormone tiroideo.
Tra le gravi conseguenze dell’ipotiroidismo per la donna in gravidanza e il bambino ci sono anche:
L’ipertiroidismo materno, invece, può causare travaglio precoce e preeclampsia (o gestosi). Si tratta di una grave complicanza che causa ipertensione e presenza di proteine nelle urine e che è potenzialmente pericolosa sia per la mamma che per il bambino.
Come abbiamo visto, ogni patologia della tiroide ha sintomi specifici, anche se spesso queste problematiche non causano disturbi, come i noduli tiroidei, o lo fanno solo a uno stadio molto avanzato, come l’ipotiroidismo. Quali sono i campanelli d’allarme a cui prestare attenzione? Esistono segnali che possono essere la spia che qualcosa non va nella tua tiroide? Sicuramente sì: alcuni cambiamenti possono far sospettare un problema alla tiroide ed è importante non trascurarli.
Anche un cambiamento di forma o di volume della tiroide – come un ingrossamento oppure la presenza di noduli – può essere indice di una disfunzione tiroidea.
Infine, valori alterati degli ormoni tiroidei, come un TSH elevato o basso, possono essere il segno che la tiroide ha qualche problema.
In presenza di qualsiasi disturbo o malessere, o se le analisi del sangue hanno mostrato valori non nella norma, è importante confrontarsi con il medico, che potrà suggerire degli approfondimenti diagnostici e una visita endocrinologica per valutare meglio il quadro clinico.
Come si fa a capire se si ha la tiroide che non funziona? Esistono una serie di esami che permettono di diagnosticare una problematica tiroidea. Di solito vengono prescritti dallo specialista endocrinologo dopo una visita, se l’analisi della storia clinica e la valutazione dei sintomi riferiti dal paziente fanno sospettare una malattia della tiroide. Approfondiamoli in dettaglio.
L’alimentazione è un’arma importantissima per la corretta funzionalità tiroidea. È fondamentale soprattutto seguire una dieta ricca di iodio, perché, come abbiamo visto, questo micronutriente è un componente degli ormoni tiroidei, quindi è essenziale perché questa ghiandola svolga i suoi compiti al meglio.
Il fabbisogno di iodio è stimato in 150 microgrammi al giorno, che salgono a 200-250 microgrammi al giorno nella donna in gravidanza, e deve essere soddisfatto attraverso un adeguato apporto nutrizionale. Come assumere la giusta quantità di iodio? Portando in tavola gli alimenti che lo contengono e utilizzando il di sale iodato. La fonte principale di iodio per l’organismo è rappresentata dal cibo, che ne apporta in quantità variabili. Gli alimenti più ricchi di questo micronutriente sono i pesci di mare ed i crostacei. Anche le uova e il latte ne contengono quantità importanti. Fonti minori sono rappresentate dalla carne, dai vegetali e dalla frutta.
Molti studi hanno tuttavia dimostrato che la quantità media di iodio assunta normalmente con la dieta è insufficiente a soddisfare il fabbisogno giornaliero di questo micronutriente. Usare il sale iodato al posto del comune sale da cucina è il modo migliore per aumentare la quantità di iodio che introduciamo ogni giorno nel nostro organismo.
Una dieta varia e bilanciata e il consumo abituale di sale iodato sono i due alleati più importanti per mantenere in salute la tiroide e prevenire lo sviluppo di patologie tiroidee.
Cosa mangiare e cosa non mangiare quando si hanno problemi alla tiroide?
Una dieta ricca di iodio è importante non solo in chiave preventiva ma anche in ottica curativa, perché questo micronutriente è cruciale per modulare la funzionalità di questa ghiandola.
In caso di ipertiroidismo conclamato, tuttavia, è importante ridurre il consumo o eliminare i cibi che potrebbero incrementare la quantità di iodio che assumiamo con la dieta.
In presenza di ipotiroidismo è invece fondamentale limitare o evitare gli alimenti che possono interferire con l’assorbimento dello iodio. Tra questi, come abbiamo accennato, ci sono le crucifere, una grande famiglia che comprende cavolfiore, cavolo cappuccio, cavolo verza, cavolo nero, cavolini di Bruxelles, broccoli e cime di rapa, ma anche i ravanelli, la rucola, il rafano e la senape.
La tiroide è, dunque, una ghiandola preziosissima, che va protetta con una dieta equilibrata e controlli periodici, come le analisi del sangue e la palpazione per individuare anomalie e noduli. Se noti sintomi che ti fanno sospettare che qualcosa non va, non trascurarli ma rivolgiti al medico: ti consiglierà gli eventuali accertamenti da fare per prenderti cura della salute della tua tiroide.
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